Nella maggior parte dei casi, l’ingrandimento che consente di ottenere un’immagine ottimale del nostro bersaglio non è quello più ampio di cui dispone la nostra ottica.
Troppi ingrandimenti, infatti, creano una serie di problemi. Si riduce il campo visivo, diviene pertanto più difficoltoso trovare il bersaglio con la massima rapidità possibile, come invece avviene ad ingrandimenti più contenuti. Pensiamo per un momento a categorie quali la Springer, la Superspringer o la Diopter (in cui molti tiratori impiegano carabine di tipo PCA) che, per essere caricate, perdono ogni volta il proprio assetto di tiro. Chiaro che, per tali categorie, la ricerca della visuale da traguardare dopo ogni ricarica significa tempo di gara prezioso che viene inutilmente sprecato.
Gli alti ingrandimenti ci costringono, inoltre, ad un restringimento della pupilla, quindi, se il bersaglio non è più che illuminato, la sua immagine, che ci perverrà attraverso l’ottica, apparirà meno luminosa di quanto non sia realmente e leggermente sfocata nei contorni.
Altro aspetto negativo dell’ingrandimento elevato è che amplifica notevolmente l’influenza dei nostri micro movimenti naturali, quali tremori muscolari, battito cardiaco, ecc. Queste minime variazioni del nostro assetto fisico vengono infatti trasmesse, attraverso la carabina che impugnamo, direttamente al reticolo dell’ottica.
I tremolii di un reticolo che, ad un ingrandimento a 6,5 X, non si avvertono nemmeno, diventano vere e proprie scosse a 20 X . Mentre, oltre i 40 X si ingenererà talmente tanta oscillazione in un campo visivo sempre più ristretto che, ad ogni nostra minima instabilità fisica, il bersaglio ballerà addirittura all’interno dell’ottica. Ogni nostro sforzo sarà, pertanto, concentrato a domare la sua danza, facendoci perdere di vista altri controlli importantissimi per la precisione del nostro tiro. Il controllo della pressione che esercita la nostra mano sull’impugnatura della carabina, oppure la spinta progressiva del nostro dito sul grilletto, tanto per fare qualche esempio.
Effettuare in tali condizioni un tiro valido diviene molto difficile, se non addirittura impossibile.
Non è certo il nostro caso, in quanto i bersagli di BRAC sono posti a distanze relativamente contenute, (25 o 50 metri), ma se dovessimo fare un tiro a distanze maggiori (oltre i 100 metri), elevati ingrandimenti fanno insorgere ulteriormente un altro fenomeno negativo, che aumenta gradualmente all’aumentare sia della distanza del bersaglio che dell’ingrandimento stesso, quello del miraggio. In giornate particolarmente calde, il bersaglio così ingrandito ci appare sfocato e tremolante. E’ lo stesso fenomento che si verifica con l’aria che sale dall’asfalto delle strade che percorriamo in auto in piena estate.
Va, pertanto individuato, per la nostra ottica (ed ogni ottica ha, naturalmente, il proprio) il livello di ingrandimento migliore, compatibile con la distanza alla quale si effettua il tiro, considerando che tanto minore è l’ingrandimento, tanto maggiore e la nitidezza e luminosità dell’immagine del bersaglio che traguardiamo. Ovvio che, più alta è la qualità delle lenti della nostra ottica migliormente questa si comporta quando ingrandisce, almeno sotto il profilo della luminosità.
Evitiamo, pertanto di spingere al limite gli ingrandimenti che la nostra ottica ci mette a disposizione, perdendo magari un po’ più di tempo per regolarla ed individuare un giusto compromesso tra la nostra capacità visiva e la qualità dell’immagine che, progressivamente, all’aumentare degli ingrandimenti, la stessa ottica ci fornisce.
Basterà effettuare una serie di prove per individuare l’ingrandimento ottimale, in grado di consentirci un tiro di precisione ben calibrato, riducendo al minimo le problematiche derivanti da magnificazioni eccessive.